Nun te preoccupa

ce sta o mare for

Ci sono giorni in cui sono convinta che Napoli, senza mare, sarebbe una città migliore.

Mi spiego meglio: a volte mi viene come la convinzione che la bellezza ci renda immobili. Incapaci di fare qualcosa per migliorare anche solo il metro quadrato di degrado che attraversiamo ogni giorno per andare al lavoro, a fare una passeggiata o la spesa, perché tanto che ce preoccupamme a fa. “Ce sta o mar for”.

La sensazione, una volta rassicurante, di poter trovare sempre con lo sguardo il mare, oggi mi fa sentire in trappola. L’odore del mare, il suono delle onde, il Vesuvio che ci abbraccia. I tuffi a mare a Castel dell’Ovo. Quella dose giornaliera di vitamina D e salsedine che ci fa stare bene anche se siamo disoccupati, se ad ogni angolo c’è un cumulo di munnezza, se viviamo una vita fatta di botte di culo e calci in faccia. Ecco, una volta pensavo che il mare fosse una salvezza. Oggi penso che ci condanni. A un’esistenza fatta di fatalismo e rassegnazione. 

“Nun te preoccupa uagliò, ce sta o mar for”.

Quante volte abbiamo usato il mare come anestetico? I problemi scompaiono davanti all’eternità di un’onda che si infrange, ancora e ancora. D’altronde cosa importa se con due lauree e un master abbiamo meno prospettive di un parcheggiatore abusivo? Il mare luccica dove tramonta il sole.

Siamo circondati da una bellezza così grande, che niente ci fa più schifo. Mi chiedo quindi: è una fortuna questa? Cosa avremmo fatto di Napoli se non fosse stata così bella?

Mi piace pensare ad una città senza traffico, ai marciapiedi puliti e al centro storico con i cassonetti a scomparsa. Ad una metro bellissima e che funziona pure! Ai treni che passano in orario, agli autobus che non devono fare lo slalom tra le auto in seconda fila. A chi, passeggiando in carrozzina, è libero da ostacoli.

A lavori ben retribuiti, ai nostri diritti rispettati, alle sere a teatro, al cinema all’aperto, nei vicoli a suonare, in un bar ad ascoltare jazz. Alla possibilità di rientrare a casa, di sera, con i trasporti pubblici. Perché non tutti possono permettersi un’auto. E anche chi abita a Scampia o a Pianura può avere voglia di una pizza a Spaccanapoli.

A una vita senza pizzo, abusivismo, stese e rapine. Alle case in centro, per viverci con la famiglia, gli amici, un gatto o un cane. Non solo quindi, per una vita da turisti alla ricerca spasmodica della praticità in super saldo di Airbnb.

Non ci sarebbero più lattine sulle mura greche a piazza Bellini, e in ogni quartiere ci sarebbe un’area verde, dove i bambini possono giocare e divertirsi, sognare di diventare un calciatore, un giardiniere o uno scienziato. E quindi crescere e scoprire che un sogno può trasformarsi in una possibilità concreta.

Napoli sarebbe una città di prospettive, un trampolino verso il futuro. Non ci sarebbero preoccupazioni a cui pensare. Solo progetti da costruire.

Mancherebbe, forse, un po’ di poesia. Quella fantasia geniale con cui ci inventiamo i giorni. La generosità tipica di chi regala senza avere nulla. Un po’ spaventa, ma …

“Nun te preoccupa uagliò, ce sta o mar for”.


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Una replica a “Nun te preoccupa”

  1. Avatar Marcello
    Marcello

    Spettacolare…

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